Piste da sci chiuse grazie all’ultimo dpcm di Conte fino al 6 gennaio e anche oltre. Questa conferma dà voce a tante proteste da parte dei comuni montani che vivono di questo business. I protagonisti delle lamentele pongono un’enfasi su un danno economico di questi territori che non possono permettersi, in questo contesto da Corona Virus. Tuttavia, conviene tenere aperte le piste da sci, nonostante questa pandemia? Quanto costa la manutenzione degli impianti sciistici? La domanda può, ampiamente, eccedere i costi durante il Corona Virus? In questo articolo, cerco di rispondere a tutte queste domande, attraverso un’analisi completa.
Piste da sci: i numeri
Prima però, un’attenzione particolare la pongo sui dati di business di questo settore a livello nazionale. Questa attività dà lavoro a 15 mila lavoratori fissi, e 120 mila lavoratori se si considerano anche i lavoratori stagionali. In Italia, le società che gestiscono gli impianti sciistici sono 400 e generano un fatturato di 1.2 miliardi di € l’anno, con un indotto tra gli 8.5 miliardi e i 12 miliardi di € l’anno. Questo rappresenta lo 0,5 % del Pil italiano, secondo i dati de “il Post”.
Gli stabilimenti sciistici: i costi
Detto questo, passiamo ad esaminare i costi di manutenzione degli impianti. Si interviene sulle piste da scii in due modi: attraverso delle manutenzioni ordinarie, quelle a norma di legge e attraverso delle manutenzioni straordinarie, che puntano a risolvere problemi specifici dovuti dall’usura di particolari parti degli impianti. La manutenzione straordinaria è molto importante, perché si va oltre le norme di legge, per poter prolungare la vita degli impianti. Inoltre, un’attenzione particolare va data anche alle piste. Tale attenzione prevede lo sfalcio dell’erba, la rimozione dei massi e il riempimento degli avvallamenti createsi durante l’inverno. Piste ben inerbite e planari richiedono una quantità minore di neve, che è un altro costo.
Piste da sci: Innevamento programmato e gatto delle nevi
Ormai da tempo, l’innevamento programmato è diventato un must tra le competenze richieste per chi lavora in questo settore. La neve in più può essere generata attraverso dei cannoni, oppure attraverso aria compressa e acqua. L’aria viene trasportata attraverso i cannoni. I cannoni sono costruiti per poter miscelare aria con acqua e creare prima il ghiaccio e poi la neve. Inoltre, la tecnologia, come barometri, termometri e anemometri aiutano al monitoraggio della temperatura climatica, pressione atmosferica, e la velocità del vento, lungo tutta la pista.
Il gatto delle nevi è un mezzo cingolato che serve a schiacciare e a fresare la neve Ci sono mezzi più economici, il cui prezzo varia dai 150.000€ ai 300.000€. Poi, ci sono quelli più costosi, il cui prezzo può superare i 400.000€. A ciò si aggiungono tutti i costi dell’energia elettrica e dell’acqua utilizzata per l’innevamento programmato, orami diventato quasi obbligatorio a seguito dei cambiamenti climatici. Tutto, questo si traduce in costi ulteriori e poi c’è da considerare i costi dei lavoratori fissi e stagionali, verso i quali, ultimamente, il loro contratto è sempre più a rischio.
Piste da sci: conviene tenerle chiuse?
Detto questo, garantire l’apertura degli stabilimenti sciistici non garantisce la certezza di un adeguato afflusso di persone. Quindi le piste da sci chiuse convengo alla loro economia? Le famiglie e le persone, in generale, preferiscono evitare gli spostamenti e anche gli assembramenti. In poche parole, danno priorità alla sicurezza che al divertimento. Tuttavia, anche se venissero aperti gli stabilimenti sciistici, ci sarebbero delle limitazioni e dei divieti, con la stessa incidenza negativa sugli introiti. Il mix Corona Virus e Dpcm per limitare gli spostamenti, in questa situazione straordinaria, non giovano al business delle piste da scii. Infine, da sottolineare anche il ruolo importante che gioca la pandemia sul comportamento delle persone.
Giuseppe Foti