Spesso leggiamo notizie da parte di molte aziende che, promuovono nuovi packaging “plastic free” o meglio “eco friendly”, questo per avere un impatto positivo sull’ambiente. Ma è davvero così? Cosa si nasconde dietro queste iniziative? Ora proviamo a spiegare il reale significato dietro queste mosse aziendali. Inoltre, particolare attenzione la rivolgo alla Ferrero, che si discosta da queste iniziative e vediamo perché.
- La carta deriva dal legno. Le foreste, e gli ecosistemi ad elevata biodiversità sono fondamentali nella lotta al cambiamento climatico. Un’eccessiva domanda verso questi nuovi packaging potrebbe minare tale aspetto, incidendo negativamente sulla biodiversità e sul clima.
- Il secondo problema è relativo al riciclo della carta. Da questo processo, ancora non si può produrre una quantità di confezioni tali da soddisfare la domanda globale.
Inoltre, per molte aziende non è facile reperire sul mercato la carta riciclata di qualità, a causa delle contaminazioni che derivano dal riciclare la carta stessa. In alcuni casi, questo materiale non può essere riciclato nuovamente. Questo è il caso delle cannucce di MC Donald.
Plastic free come eclisse di “greenwashing”…
Cosa si nasconde dietro questa strategia delle Big Company? In un mercato orientato, sempre più, verso una maggior saturazione dei prodotti, corrisponde un marketing che si plasma alle nuove esigenze dei consumatori. In quest’ottica, non è importante vendere, ma saper comunicare per essere più competitivi. È proprio qui che si instaura una nuova strategia comunicativa di queste aziende, che intendono costruirsi un’immagine “green” senza esserlo realmente. È quello che Green Peace, dal suo report definisce “greenwashing”.
Molte aziende sostituiscono la plastica monouso , derivante da fonti fossili con plastica a base di materie prime rinnovabili, come il mais e la canna da zucchero. Tuttavia, le tecnologie attuali non consentono di ottenere un packaging rinnovabile al 100%. Quindi, dietro a parole come plastic free, si nascondono confezioni che, sono composte da materiale riciclabile solo per il 30%. Il resto è di plastica tradizionale. Un esempio di ciò viene estratto dalla rivista fruitmagazine, che mi ha ispirato per questo contenuto. In particolare, la rivista parla della bottiglia NaturALL, che sarà adottata in alcune nazioni da Danone e Nestlé, promossa come “bio” ma costituita per il 70 per cento da plastica tradizionale.
E la Ferrero?
La Ferrero prende le distanze da queste strategie. Non mi riferisco all’impegno noto come Glocal Care, ma all’esecutività di queste iniziative che sono assenti. Quando si dice che essa ha cura delle persone non è solo marketing. Quanto costa ridisegnare tutti i packaging dei suoi prodotti in funzione di tali esigenze? E poi davvero sarà un contributo efficace questo, allo stato attuale? E’ chiaro che, secondo queste domande, il trade off favorisce la tradizione al cambiamento. In realtà, l’azienda italiana punta al restayling completo degli ingredienti dei suoi prodotti, sostiuendo lo zucchero bianco con quello di canna. In futuro, la salute sarà tanto importante quanto l’ambiente. Inoltre, la Ferrero destinerà gran parte degli investimenti per trasformare i macchinari produttivi, i quali sempre di più funzioneranno con le rinnovabili, emettendo molto meno Co2.
Lo scenario attuale e futuro non promette bene. Secondo i dati di Green Peace, l’emergenza ambientale riguarderà gli oceani e la fauna marina. Esiste il problema delle microplastiche, ritrovate non solo in mare, ma anche in acque dolci, nei suoli e nell’aria che respiriamo. Poi ci sono le emissioni in atmosfera, derivanti dal processo produttivo della plastica. Nel 2019, a livello mondiale, la produzione e l’incenerimento di rifiuti in plastica raggiunge un livello di emissioni di anidride carbonica pari a quello di 189 centrali elettriche a carbone.
Plastic free: sarà sempre così?
La risposta a questa domanda ci viene da un gruppo di ricercatori del dipartimento di chimica dell’Università del Colorado, guidato da Eugene Chen. Questi ricercatori hanno sintetizzato in laboratorio un nuovo materiale, che a un primo esame si presenta robusto e resistente come la plastica, ma pare che questo nuovo materiale sia riutilizzabile infinite volte, dando una svolta radicale al concetto attuale di riciclo. Questo team di scienziati è convinto che le proprietà di questo materiale potranno sostituire del tutto la plastica tradizionale. Per un approfondimento cliccare qui e anche qui.
Al momento, non esiste un brevetto riguardo questa scoperta. Questi scienziati stanno lavorando per rendere l’idea più economica. L’impatto sull’ambiente sarebbe enorme. Riutilizzare all’infinito questo materiale permette di non disperdersi nell’ambiente, nei mari e negli oceani.
Giuseppe Foti