Sex and Solitude: Il coraggio di raccontarsi: tra eros, rimpianto e amore per la vita
Non è una semplice mostra. È una confessione nuda, viscerale, potente.
Sex and Solitude è il viaggio intimo di un’artista che ha trasformato il suo dolore in linguaggio visivo e poetico, facendo dell’arte la sua forma più pura di esorcizzazione. Amori vissuti, amori mancati, una maternità desiderata ma mai vissuta, e una ricerca ostinata del piacere come forma di fuga. Fuga da cosa? Da sé, dal tempo, dal rimpianto.
Questa non è arte che si osserva soltanto: è arte che ti guarda negli occhi e ti chiede di specchiarti. Benvenuti su giipsy e in questo nuovo contenuto.
Sex and Solitude: Il Viaggio nell’Arte, il Corpo, l’Assenza.
Ogni quadro, ogni verso, ogni scultura è un pezzo di vita dell’autrice. Non c’è filtro.
I titoli parlano chiaro. Il testo scritto — con la sua grafia autentica — è inciso come ferita e come promessa. Non racconta tutto: suggerisce, invita, lascia spazio all’interpretazione di chi osserva.
Una leggenda narra che abbia bruciato la lista dei 102 uomini con cui è stata. Non per vergogna, ma per lasciare andare quel senso di colpa che per troppo tempo l’ha accompagnata.

Al centro del cortile, una scultura in bronzo colpisce per la sua ambiguità: da dietro richiama una posizione esplicita, ma da davanti pare inginocchiata, quasi a chiedere perdono a Dio. La testa manca. Come mancava una connessione profonda nei suoi rapporti: era solo corpo, mai cuore.
L’assenza della maternità diventa simbolo potente: non perché non potesse esserlo, ma perché credeva di non poter offrire una vita migliore della sua.
Ma Sex and Solitude non è mai giudizio. È umanità. È il coraggio di dire “ho sbagliato, ma sono viva”.
E in quella vita, c’è amore. Per la libertà, per la sensualità, per l’esistenza.
Il parallelo con me, l’astinenza e la solitudine creativa
Di fronte a quest’arte così viscerale, non posso non riconoscermi.
Lei ha vissuto sulla pelle la violenza. Io il bullismo. Entrambi segni invisibili che lasciano crepe profonde, ma che possono diventare feritoie da cui far entrare luce.
La sua esplorazione del corpo, tra autoerotismo, feticismo e ricerca del piacere, io la traduco in un’astinenza sublimata: l’astinenza dal tocco, dalla coppia, dalla condivisione fisica.
E allora scrivo. Disegno. Creo.
Come un pavone che apre le piume per attrarre, anch’io lascio che le mie poesie, le mie macchine, i miei testi siano un richiamo, un modo per colmare un vuoto che si chiama solitudine.

Il mio Sex and Solitude è Ali oltre le Sbarre, un libro che racconta una rinascita.
Lei ha le sue stanze colorate, dove l’azzurro racconta l’innocenza dei primi amori e il rosso la passione bruciante dell’età adulta. Io ho le mie parole, che oscillano tra speranza e desiderio, tra memoria e proiezione.
Riflessioni finali: Il dolore come seme di Amore
C’è qualcosa di profondamente terapeutico nel condividere il dolore.
Quando nasce dal rimpianto o dalla sete di riscatto, e si trasforma in arte o scrittura, quel dolore si nobilita. Diventa Amore.
Amore per la vita, per l’anima, per la possibilità che abbiamo di riscrivere le nostre storie.
La scritta al neon, con quella grafia così personale, ci riporta agli anni ’80, a un tempo di innocenza e di prime volte. Ma non è nostalgia fine a sé stessa. È un invito: scegli di raccontarti.
Anche se fa male. Anche se nessuno applaude.
Perché è nel raccontarsi che si trova il senso.
E se c’è un insegnamento che Sex and Solitude ci lascia, è che siamo fragili, sì — ma straordinariamente umani.
